Il volto di un guerriero è già segnato dalla morte per tutte le volte che lei ha provato a strapparlo dalla vita. Gli occhi, infossati, schiacciati dal peso di tanti combattimenti, e accesi dal desiderio di bruciare la stanchezza e il dolore, per avere un’altra possibilità di combattere. Il naso, duro, ancora in piedi, e molle, per tutti i colpi inferti, che inspira un’aria pesante ed espira sangue. Le labbra, rinsecchite, prosciugate dal silenzio, e lucide, assetate di posarsi sulle prime che capitano, fossero anche quelle della Morte. I capelli, lisci, bagnati dal sudore, e ispidi, strappati dal vento e dalla furia del tempo.
In ginocchio, guardava le sue mani, che avevano la stessa consistenza della terra. L’avversario, in piedi di fronte a lui, attendeva che gli venisse consegnato quel che gli spettava.
Noi tutti, compagni e nemici, ci unimmo in un cerchio sacro e inviolabile, a testimoniare al momento più temuto e sperato da un uomo. Io, con occhi assassini e il cuore disperato, sentii il mondo tremare sotto ai miei piedi.
I miei compagni, a testa bassa, non riuscivano a sostenere lo sguardo del destino; i nemici, alla condanna più temuta, sorridevano svuotati dalla paura.
C’era odore di polvere, di sangue, e di lacrime mai versate.
Lui mi lanciò un’ultima occhiata, come il marinaio che guarda l’oceano prima di toccar terraferma. Poi alzò gli occhi e fece un cenno col capo. Il nemico non ci pensò due volte, sfoderò la sciabola, e gli tagliò la testa. La testa rotolò sulla sabbia come il dado della morte. Quel giorno perdemmo.
Urla di gioia, di liberazione, di dolore sfuggito.
Raccogliemmo il corpo, la testa, e ritornammo all’accampamento. Furono i passi più pesanti della mia vita. Chi, a testa bassa, guardava i piedi andare avanti e indietro senza alcun comando; chi guardava senza guardare un punto fisso nel vuoto, come se stesse guardando sé stesso; chi guardava il cielo, in cerca di risposte nascoste tra le nuvole. Insieme camminammo come scheletri nel deserto.
Secondo il rito, il corpo venne bruciato con la testa tra le mani, poggiata sul petto, affinché nella morte si ricongiungessero quelli che la vita ha sempre messo in conflitto: cuore e cervello.
Stretti nel dolore, guardammo la carne trasformarsi in fumo, e lo respirammo, a pieni polmoni, per ricordare quanto dia fastidio tossire.
Mentre il corpo di mio padre bruciava non giurai vendetta, perché non mi avrebbe portato altro che cenere: giurai di onorare la vita, come lui aveva fatto con la sconfitta.